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Eretz

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La parola Eretz che da il titolo a questa mostra in ebraico significa terra. Dalla chiamata di Abramo sino alla fondazione del popolo ebraico nel Sinai, gli ebrei hanno un rapporto particolare con la terra, nello specifico con quella che il Santo Benedetto ha promesso a Israele. Nella storia biblica ci sono battaglie accanite per la conquista della terra, ma la letteratura che Israele ne fa è che l’Eterno dona al suo popolo l’elemento indispensabile per dirsi tale: una terra su cui servirlo.

Per Israele la terra non è terra madre, ma terra sposa. Una terra che Israele deve accogliere, scegliere quotidianamente, con la quale stringere un rapporto particolare, poiché solo su quella terra può compiere tutte le Mitzvòth, i 613 precetti che ogni ebreo deve osservare. Terra: un luogo preciso, concreto, donato dal Santo Benedetto.

Donato però sotto condizione. Nella Torah ogni volta che l’Eterno parla con Israele a proposito della terra dice: “Se osserverete i precetti. Se sarete fedeli”. E ogni volta che Israele non è fedele il primo dono che gli viene tolto è la terra. Proprio perché donata, la terra deve essere terra di ospitalità. Non è proprietà del popolo ebraico (proprio come la Terra non è proprietà dell’uomo).

Dimorando in essa come ospiti, gli ebrei hanno il dovere di esercitare verso gli stranieri quella stessa ospitalità di cui Israele beneficiò quando era a sua volta straniero. Israele è, dunque, sulla terra “forestiero” e “inquilino”, su di essa non può rivendicare il diritto di possesso e in essa può abitarvi solo con la coscienza di chi vi è ospitato. Il versetto del Levitico andrebbe quindi così tradotto: “Poiché la terra è mia, voi in essa potete starvi solo come ospiti, ospitati da me, l’Ospitante”. L’affermazione che “la terra è del Signore” trova il significato più profondo e originario nella istituzione dell’ospitalità dove l’apparire dell’uomo nel mondo coincide col suo stesso essere accolto è ospitato.

Proprio perché ospitato, entro un mondo che gli è stato dato, l’uomo non può pronunciare il verbo avere o il possessivo “mio”. La vera terra o la vera patria dell’uomo è quella dov’è si parla la lingua dello stupore, dell’accoglienza e della riconoscenza; come in questa terra di Puglia, che è stata solidale e accogliente con chi veniva dall’inferno concentrazionario nazista e qui è tornato alla vita e ritrovato la speranza. In questo senso, allora, come ci insegnano i Maestri, tutta la terra diventa Terra Santa.

Importante non è tanto vivere in Eretz Israel, che mantiene uno status speciale, quanto osservare la legge. Decentralizzando la santità e rendendola trasferibile è possibile consentire una relazione con il santo ovunque e in ogni tempo. Questa idea santifica tutta la terra è ci sollecita, come ebrei e come uomini, a creare un legame religioso e affettivo con il nostro pianeta. Non possiamo esimerci dal fare di questa terra un luogo dove possa risiedere la presenza del Santo Benedetto, la Shekkinà, così che tutta la terra diventi un luogo santo in cui vivere.

 

Furio Aharon Biagini, Docente di Storia Ebraici L'Universita del Salento

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